ArcelorMittal Italia e Ilva in amministrazione straordinaria e hanno firmato oggi a Milano l'accordo che da un lato mette fine al contenzioso tra le parti al Tribunale di Milano e dall'altro modifica il contratto sulla gestione in fitto e acquisizione del gruppo siderurgico. Il documento porta la firma, tra gli altri, dell'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli e di due commissari.
Il primo effetto della firma di oggi, che assicura la continuità aziendale, è la revoca dell'udienza fissata per il 6 marzo davanti al giudice di Milano Claudio Marangoni. L'atto di citazione con cui la multinazionale intendeva dare l'addio all'Ilva risale allo scorso 4 novembre. Con la chiusura della controversia giudiziaria dovrebbe iniziare il rilancio del polo siderurgico attraverso un nuovo piano industriale.
Tuttavia, i sindacati hanno bocciato l'intesa poiché «prevede una fase di stallo per il 2020». L'accordo, hanno dichiarato Cgil, Cisl, Uil, Fiom, Fim e Uil, «ci sembra di totale indeterminazione: il periodo di tempo senza una governance chiara, il ruolo delle banche e dell'investitore pubblico, il mix produttivo tra ciclo integrale e forni elettrici, il ruolo conseguente delle due società, la possibilità con questo piano di occupare i 10.700 lavoratori più i 1.800 in amministrazione straordinaria e i lavoratori delle aziende di appalto, che l'accordo del 6 settembre 2018 assicurava».
«Inoltre - sottolineano - il pre-accordo prevede un aumento dei lavoratori in Cassa Integrazione e il vincolo dell'accordo sindacale entro il 30 maggio senza una nostra preventiva condivisione del piano e degli strumenti adottati». Per i sindacati «l'assetto complessivo del piano rischia di essere insostenibile alla luce della sua scarsa verticalizzazione produttiva (tubi, laminati, lamiere, treni nastri) i cui investimenti sono molto inferiori al piano da noi sottoscritto e la positiva previsione di ripartenza dell'AFO5 ha tempistiche del suo rifacimento troppo dilatate nel tempo».
«L'accordo del 6 settembre 2018 - hanno concluso i vertici nazionali sindacali - non prevedeva esuberi né l'utilizzo della Cassa Integrazione. Garantiva la presenza di un grande produttore di acciaio a eseguire il piano stabilito. Quell'accordo resta la migliore garanzia di tutta l'occupazione, del risanamento ambientale e del rilancio produttivo».